martedì 11 novembre 2008

UNITA' DIDATTICA 2: LE TRASFORMAZIONI DEI GAS PERFETTI E IL PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

2.1. I principi termodinamici
I principi della termodinamica vennero enunciati nel corso del XIX secolo e regolano le trasformazioni termodinamiche, il loro procedere, i loro limiti.
Si possono distinguere tre principi di base più un principio zero che definisce la temperatura, e che è implicito negli altri tre.

2.2. Il principio zero
Quando due sistemi interagenti sono in equilibrio, condividono alcune proprietà, che possono essere misurate dando loro un preciso valore numerico. In conseguenza, quando due sistemi sono in equilibrio con un terzo, sono in equilibrio tra loro e la proprietà condivisa è la temperatura. Il principio zero della termodinamica dice semplicemente che, se un corpo "A" è in equilibrio termico con un corpo "B", e "B" è in equilibrio termico con un corpo "C", "A" e "C" sono in equilibrio tra loro. Tale principio spiega il fatto che due corpi a temperature diverse, tra cui si scambia del calore, (n.b. anche se questo concetto non è presente nel principio zero) raggiungono la stessa temperatura. Nella formulazione cinetica della termodinamica, il principio zero rappresenta la tendenza a raggiungere un'energia cinetica media comune degli atomi e delle molecole dei corpi tra cui avviene scambio di calore: in media, come conseguenza degli urti delle particelle del corpo più caldo, mediamente più veloci, con le particelle del corpo più freddo, mediamente più lente, si avrà passaggio di energia dalle prime alle seconde, tendendo dunque ad uguagliare le temperature. L'efficienza dello scambio di energia determina i calori specifici dei materiali coinvolti.

2.3. Il primo principio della termodinamica
Il primo principio della termodinamica, detto anche “Legge di conservazione dell'energia”, è un assunto fondamentale da cui si diparte gran parte della teoria della termodinamica.
La sua formulazione fondamentale è:
ΔU = W − Q
Cioè, la variazione di energia interna U di un qualsiasi sistema, quindi anche di un uomo, di un reattore chimico o di un pianeta, corrisponde alla somma delle quantità di calore Q e lavoro W forniti al detto sistema. Q e W sono considerati riferiti al sistema, vale a dire con segno positivo quando calore o lavoro sono trasferiti al sistema, e segno negativo se estratti da esso.
L'equivalenza di calore e lavoro, oggi data per scontata, fu a lungo dibattuta all'alba della scienza. Si può dimostrare tuttavia molto banalmente sfregando le mani e sentendone il riscaldamento (lavoro calore), o osservando il coperchio di una pentola di acqua bollente che viene sollevato dalla pressione del vapore (calore lavoro).

2.4. Il differenziale esatto
Spesso il primo principio viene scritto in forma differenziale:
dU = δQ + δW
Il significato dell'uso di d e δ è spesso spiegato in maniera piuttosto intricata, usando la teoria dell'analisi matematica; in breve, d è un differenziale esatto, mentre δ non lo è.
Una spiegazione più adatta a un pubblico generale potrebbe introdurre il concetto di funzione di stato. Se caratterizziamo completamente un sistema, per esempio una pentola d'acqua salata per la pastasciutta a una certa temperatura e pressione, siamo in grado di stabilirne l'energia interna U, dato un opportuno riferimento. Il valore di U è sempre lo stesso per uno stesso stato del sistema (è indipendente quindi dal processo con cui si è raggiunto tale stato): U è una funzione di stato.
Stabiliamo questo riferimento, ad esempio, a 25°C e 1 atmosfera (più correttamente, nel Sistema Internazionale di Pesi e Misure, a 298,15 Kelvin e 101325 Pascal), e diamogli il valore 0.
Per far bollire l'acqua dobbiamo spostarci alla condizione di 100°C e 1 atmosfera. Abbiamo quindi due punti estremi, e tra questi possiamo stabilire il valore di Δ U*. Tuttavia, ci sono infiniti valori possibili per Q e W, e cioè tutti quelli che hanno come differenza Δ U*.
La maggior parte delle massaie userà Q* = Δ U* (il fornello) e W = 0 (il lavoro del mestolo è trascurabile), ma nulla ci vieta di installare un dispositivo ad alta velocità per riscaldare l'acqua per attrito. In questo modo, riuscendo ad evitare gli schizzi, otteniamo W* = Δ U* e Q* = 0. In questo semplice esempio abbiamo trascurato molte cose, tra cui che la pentola è un sistema aperto che cede vapore all'ambiente.
Il succo del concetto di differenziale esatto è che esso si riferisce a una variabile di stato, U, e non a variabili che di per sé non rappresentano un cambiamento dello stato del sistema: anche se forniamo lavoro a un sistema, questo non ci dice nulla sul nuovo stato del sistema senza avere informazioni sulla quantità di calore che il sistema ha scambiato. Per esempio, le pastiglie di un freno di un'auto di Formula 1 si riscaldano rapidamente quando viene effettuato lavoro su di loro sotto forma di attrito per rallentare la macchina, e allo stesso tempo vengono raffreddate dal passaggio dell'aria. La temperatura del freno è determinata sia dal lavoro svolto, che dal calore ceduto all'ambiente.

2.5. I gas ideali
La natura è spesso molto complessa da studiare, tanto che non è possibile descriverla in modo semplice e preciso. Per questo i fisici ricorrono a quelli che vengono chiamati modelli, ovvero a semplificazioni della realtà, che però conservano ancora le caratteristiche principali e fondamentali del fenomeno naturale.
In termodinamica, così come negli altri campi della fisica, vi sono molti modelli, ma quello più importante e fondamentale per la comprensione della materia è il gas perfetto o ideale.Questo gas ha alcune caratteristiche particolari:
· La massa gassosa è costituita da un numero enorme di particelle indistinguibili e, per una stessa specie chimica, identiche.
· Le particelle del gas sono immaginate come sferette rigide, indeformabili e di dimensioni trascurabili (particelle puntiformi).
· Le particelle si trovano in continuo e disordinato movimento (caos molecolare), sicché tutte le direzioni sono equiprobabili.
· Le forze di interazione fra le molecole si considerano nulle, quindi fra un urto ed il successivo il moto è rettilineo ed uniforme.
· Durante il loro moto, in uno spazio in gran parte vuoto, gli urti fra le particelle e le pareti del recipiente e fra le particelle stesse sono perfettamente elastici, per cui l'energia cinetica si conserva.
Nella realtà non esiste nessun gas di questo tipo, ma gli aeriformi reali possono approssimare bene questo modello in determinate condizioni. Ad esempio i cosiddetti gas nobili sono formati da elementi che non si combinano tra di loro nè con altri elementi, quindi sono formati da particelle piccolissime che non reagiscono tra loro. Se il gas è sufficientemente rarefatto allora le distanze tra le particelle sono così grandi che le forze di attrazione e repulsione tra le molecole sono pressoché inesistenti.
I gas reali, se molto compressi, possono però diventare liquidi, mentre per un gas perfetto non succede. Esiste però una temperatura, detta temperatura critica del gas, al di sopra della quale questo non può liquefare mai, nemmeno se compresso moltissimo.
Quindi, sebbene i gas reali non seguano perfettamente le leggi del gas ideale, queste sono delle buone approssimazioni anche per le situazioni naturali.
Le variabili macroscopiche che caratterizzano lo stato di un gas, quali pressione (P), volume (V) e temperatura (T), sono correlate per mezzo di relazioni empiriche.
Queste tre leggi possono essere combinate in un'unica utilissima equazione, che prende il nome di equazione di stato dei gas perfetti, e che può essere scritta nella forma:
P∙V = n∙ R∙T
dove n rappresenta il numero di moli di gas contenute nel campione e R è una costante universale, detta costante dei gas, la cui scoperta rappresentò una pietra miliare della scienza moderna.In alternativa l'equazione di stato può essere espressa dalla relazione(P1∙V1) / T1 = (P2 ∙V2) / T2
dove l'indice "1" si riferisce ai valori di pressione, volume e temperatura del gas a uno stadio della trasformazione, e l'indice "2" si riferisce a uno stadio successivo.
Se, ad esempio, si trova che il volume di un campione di idrogeno è di 100 cm cubi in condizioni di temperatura di 25 °C (298 K) e di pressione atmosferica pari a 97,0 kPa (kilopascal), si può ricorrere a questa equazione per calcolare quale sia il volume occupato dalla stessa quantità di gas in condizioni di temperatura e pressione standard (cioè 273,15 K e 101,325 kPA).
Per un gas ideale l’energia interna U dipende dalla sola temperatura.


2.6. Applicazione del primo principio ai gas perfetti
È possibile analizzare le trasformazioni termodinamiche di un gas perfetto alla luce di questo principio. Ognuna delle simulazioni seguenti riguardano una particolare trasformazione termodinamica. Il sistema analizzato è un cilindro chiuso alla sommità con un pistone libero di muoversi
2.6.1 La trasformazione isoterma.
In questo caso la temperatura del gas non varia e quindi nemmeno la sua energia interna. Possiamo quindi scrivere:
Q-L = 0
Q = L
Tutto il calore che viene fornito al sistema si converte completamente in calore e viceversa.

2.6.2. La trasformazione isocora
In questa trasformazione il volume resta costante, quindi il gas non compie nessun lavoro. Il primo principio diventa:
ΔU = Q
Tutto il calore che viene fornito al gas va a variare la sua energia interna e quindi la sua temperatura. Viceversa se il sistema cede calore, la sua energia interna diminuisce e quindi il gas si raffredda.

2.6.3. La trasformazione isobara
In questa situazione non vi è nessuna grandezza che si conservi: infatti il sistema compie o subisce lavoro, assorbe o cede calore e quindi la sua energia interna e la sua temperatura variano. In questo caso è però molto semplice calcolare il lavoro, che, come si può dimostrare, è dato dal prodotto tra la variazione di volume e la pressione:
L = p∙ΔV


2.6.4. La trasformazione adiabatica
Se il sistema è termodinamicamente isolato dall'ambiente, ossia se non vi sono scambi di calore con l'esterno, si può scrivere:
ΔU = -L
In questo caso tutto il lavoro compiuto dal gas va a discapito della sua energia interna.
Si può anche dimostrare che in una trasformazione adiabatica pressione e volume sono legati da una relazione esponenziale del tipo:
pVr = costante
dove g è definito come il rapporto tra il calore specifico a pressione costante e quello a volume costante.

2.7. L’energia interna di un gas perfetto
Ci proponiamo di ricavare una relazione che esprima la dipendenza dell’energia interna di un gas perfetto dalle variabili di stato. A tale scopo descriviamo un’esperienza dovuta a Joule chiamata espansione senza lavoro esterno.
Due recipienti A e B comunicanti mediante un rubinetto sono posti all’interno di un calorimetro. Nel primo recipiente si trova un gas alla pressione P, mentre nel secondo si pratica il vuoto: Il sistema è in equilibrio alla temperatura T. Aprendo il rubinetto si lascia espandere il gas finché la pressione raggiunge un nuovo valore di equilibrio P’. Attraverso il termometro inserito nel calorimetro si constata sperimentalmente che la temperatura è rimasta costante. Poiché in questa trasformazione non è stato fatto lavoro né scambiato calore con l’esterno, in base al primo principio DU=0 e quindi l’energia dello stato iniziale è uguale a quella dello stato finale.

Si conclude pertanto che nonostante siano cambiate pressione e volume, ma non la temperatura, l’energia interna è rimasta costante. L’energia interna perciò è una funzione della sola temperatura U=U(T).

2.8. I calori specifici dei gas perfetti
Il calore specifico di un corpo è la quantità di calore necessaria per aumentare di un grado la temperatura di un chilogrammo di quella sostanza. Questa definizione risulta incompleta per i gas dal momento che questi possono assorbire calore in due condizioni: a volume costante e a pressione costante. Nel secondo caso una parte del calore fornito serve per compiere del lavoro meccanico, sollevando il pistone e quindi non contribuisce ad aumentare la temperatura e, quindi, l'energia interna del gas.

Stabilito ciò, facciamo ricorso ad una trasformazione isocora (V=cost ) per determinare la variazione di energia interna al variare della temperatura. Poiché in un’isocora il lavoro L è uguale a zero, la variazione di energia interna ΔU è uguale al calore Q scambiato dal sistema e pertanto (ricordando la legge fondamentale della termologia):
ΔU = Q = m∙cv∙ΔT
Sostituendo al posto della massa (m) il prodotto del numero di moli (n) per la massa molecolare (mmol) e introducendo il calore molare a volume costante
Cv = mmol∙cv
la formula precedente diventa
ΔU = n∙Cv∙ΔT
Invece in una trasformazione isobara (P = cost), il lavoro è dato da
L = p∙ΔV
la variazione di energia interna DU da
ΔU = n∙Cv∙ΔT
e il calore scambiato Q da
Q = n∙Cp∙ΔT
dove il calore molare a pressione costante è definito da
Cp= mmol∙cp
Pertanto il primo principio della termodinamica diventa:
p∙ΔV+ n∙Cv∙ΔT= n∙Cp∙ΔT
Per i gas ideali dall'equazione di stato si ottiene
p∙ΔV = n∙R∙ΔT
quindi sostituendo e semplificando il numero di moli n, si ha
Cp=Cv + R
Quest’ultima, detta relazione di Mayer, mette in relazione i calori specifici a volume costante e a pressione costante per i gas perfetti.Questa relazione ci permette di valutare solo la differenza tra i calori specifici.La teoria cinetica ci consente di determinare, per un gas perfetto monoatomico, il calore specifico a volume costante, in quanto, per una mole di gas,
U = 3/2∙R∙T
e quindi
Cv = Q/ΔT = ΔU/ΔT = 3/2∙R
Poi semplicemente:
Cp = Cv + R = 3/2∙R + R = 5/2∙R

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